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IVO PRANDIN

Per poter entrare nella pittura dl franco beraldo é necessario - ma forse lo è, in genere, per la pittura - affrontare e superare una invisibile soglia. perchè il suo modo segreto, che é la sua realtà piu vera, quella appunto espressa in pittura, sta in un imprecisato ma comprensibile oltre. e, in effetti, una specie dl terra dl mezzo, di luogo intermedio che sia detto subito, è vicinissimo ai luoghi della nostra esperienza, della nostra cultura o sensibilità. però é una terra favolosa, è un nido di miti e di misteri e puo' essere raggiunta facendo un percorso obbligato, che è insieme culturale ed emotivo.


Un segnale ci indica la via é il pino domestico, o pino mediterraneo per eccellenza, che ritroviamo perfino nelle mitologie popolari del nostro tempo si pensi solamente alle cartoline illustrate, stereotipate ma legate da un cordone ombelicale al crogiolo che nell antichità ha elaborato le grandi store di dèi e di uomini, di pensiero e di impulsi umani. dante ricorda la grande pineta di ravenna come la divina foresta spessa e viva; beraldo, invece, dipinge i pini come persone, come individualità cariche, fino a scoppiarne, di senso attuale e recondito.


Beraldo é un pittore che abita luoghi classici, é immerso nella classicità alla quale ci invita come una scoperta, perché infatti esiste - e ci appartiene - una dimensione o eredità entro la quale é ancora possibile provare emozioni che il nostro tempo vorrebbe liquidare: stupore, incantamento, il senso di una certa alterità, di ore sospese perche' non rubate dall'orologio, e anche il godimento - attraverso la serena bellezza delle immagini - di luoghi dove il mare e gli scogli, i pini e gli spiriti divini non sono fantasia o fissazione ma realtà vivente.


Ciò che beraldo dipinge, se ci pensiamo, é anche sogno, totalmente dominato da una luce e da un magnetismo alieni alla nostra epoca forse perchè sono ricordo. in alberto savinio - greco dl origine e mediterraneo a peno titolo - questa operazione dl beraldo trova forse la sua giustificazione. «l arte coglie lo spettro delle cose - si legge in savinio - e lo fissa per sempre. l'arte sorprende la natura nel suo stato dl pazzia». quel sempre indica l'assenza del tempo lineare nel quale viviamo, del quale tuttavia possiamo trovare oscure tracce nel presente. grande discorso questo di beraldo sul tempo. secondo la fisica moderna il tempo si ferma in certe condizioni, per esempio alla superficie dei buchi neri e la cosiddetta freccia del tempo diventa priva dl bersaglio.


Che il tempo rallenti, o scorra piu velocemente, al pittore non importa piu di tanto (i poeti sono della sua stessa natura), gli interessa un unica cosa la possibilità di essere come di vetro, di consentire cioé il nostro passaggio da un qui ad un là che è scenografia mitologica. lui stesso é la soglia: superatala, il mondo che ci accogle non é piu remoto, sepolto, non é nemmeno esotico o metafisico. la luce dona a lui e a noi un mondo completo e complesso é la luce arcaica, quella degli inizi e di sempre che beraldo chiama la luce interiore delle cose .


Nello spazio distorto dei nostri giorni, nel rumore dl fondo che ci assorda, i chiari paesaggi dell artista veneto e il loro silente respirare nell'assenza di moto trasmettono alle nostre antenne sofisticate una comunicazione magica, fatta di sussurri divini e di pulsioni che soltanto l'uomo, l'uomo di sempre, puo' provare. dopo aver superato una certa soglia, le colonne d'ercole della nostra supponenza.

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